sabato 28 marzo 2015

I Templari nel Castello di Rocca Imperiale (CS)

Il castello federiciano di Rocca Imperiale abbassa il suo ponte levatoio per ospitare la mostra living history “Templaris”. La particolare vetrina dedicata ai cavalieri templari, con la storia e le leggende di cui si circondano, aprirà i battenti domenica 29 marzo e resterà a disposizione dei visitatori sino al 20 aprile 2015.
La mostra è organizzata dalle associazioni “Itineraria Bruttii", diretta da Paolo Gallo, e Antiquitas, con la collaborazione del Comune di Rocca Imperiale. Il giorno dell’inaugurazione, domenica delle Palme (29 marzo) alle 18, il taglio del nastro sarà accompagnato da una degustazione di dolci e bevande medievali, curata dal Polo tecnico-professionale “Tra Sybaris e Laos” operativo nella Calabria citra (Sibartide, Tirreno e Pollino) in un vasto progetto di alternanza scuola-lavoro che coinvolge scuole e partner privati in un’ottica di sviluppo turistico del comprensorio.
La scuola del Polo che organizzerà il banchetto medievale sarà l’Ipsia-Iti di Cariati. I ragazzi dell’Istituto che prendono parte al progetto sono impegnati in questi giorni in uno stage nell’Alto Jonio con residenza presso il Circolo Velico Lucano di Policoro (Mt), partner del Polo. Lo stage si concluderà il 1 aprile. Nel corso di questi giorni i ragazzi sono alle prese con laboratori di accoglienza turistica e dimostrazioni quotidiane di preparazioni di cibi e prodotti gastronomici presso l’azienda partner. Per gli studenti anche l’affascinante opportunità di escursioni didattiche su barche a vela e visite guidate nel territorio dell’Alto Jonio.
Per quanto riguarda, invece, la mostra “Templaris” al castello di Rocca Imperiale, sarà aperta a singoli, gruppi e scolaresche. Visitabile su prenotazione al n. 328.6879172 nei giorni feriali, mentre sarà aperta al pubblico nei giorni di sabato e domenica.

giovedì 26 marzo 2015

"Nelle Terre di Matilde: tra pievi, acque e sentieri" mostra a San Benedetto Po (MN)

Sabato 28 marzo 2015 alle ore 17.00 presso il Museo Civico Polironiano di San Benedetto Po (MN)inaugurazione della mostra: "Nelle Terre di Matilde: tra Pievi, Acque e Sentieri", un percorso nel territorio attraverso le immagini di Maurizio Setti.
L'entrata al Museo Civico Polironiano è da via Dugoni (ingresso lato ufficio postale)
La mostra sarà visitabile fino al 3 maggio 2015.

martedì 24 marzo 2015

A Rouen il museo dedicato a Giovanna d’Arco

Non solo “Pulzella d’Orleans”, Giovanna d’ Arco, la più popolare eroina di Francia, è legata anche al borgo di Rouen, nel nord, per aver liberato la città assediata dagli inglesi durante la Guerra dei cent’anni. Finalmente la città rivendica il legame con la giovane morta sul rogo, dedicandole un museo. Dopo tre anni di lavori costati 10 milioni di euro, si è aperto il 21 marzo 2015 in questa cittadina dell’alta Normandia, l’Historial Jeanne d’Arc, mille metri quadri di spazi espositivi nel Palazzo medievale dell’Archevechè, dietro la famosa cattedrale, per ripercorrere la vita, la storia e il mito di questo personaggio.
“Mentre il mondo intero associa Giovanna d’Arco a Rouen, abbiamo dovuto attendere il 1928 affinchè un monumento nella città le rendesse omaggio e solo oggi c’è finalmente un luogo di memoria”, afferma il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ex presidente del Rouen District Council, un aggomerato di diversi comuni della Normandia, che fu l’iniziatore del progetto. Fu proprio nel palazzo arcivescovile della città che ebbe luogo il processo di riabilitazione postumo dell’eroina, 25 anni dopo la condanna al rogo per eresia nel 1431. Fu quindi elevata al rango di martire, poi beata e infine santa. Profondamente credente, visionaria, la sua figura è ben vista sia dalla sinistra, che la vede come eroina del popolo tradita dal re e bruciata viva dalla Chiesa, che dalla destra, in quanto fervente cattolica e monarchica. In particolare l’estrema destra si è appropriata fin dai tempi dell’Action Francaise della sua eredità, poi trasferita al Fronte nazionale, che da oltre 20 anni organizza ogni primo maggio una cerimonia con manifestazione a Parigi.
“L’Historial vuole permettere a ciascuno di riflettere sulla nostra storia e al modo in cui si è scritta – ha proseguito Fabius durante l’inaugurazione – si tratta anche di preservare Giovanna d’Arco da ogni tentativo di appropriazione politica”. Il percorso espositivo, su 5 piani, tra cripta, cucine e vari saloni, comincia con una scenografia multimediale in 3d che riproduce i momenti più importanti del processo del 1456 di riabilitazione della donna. Poi si narra la vita della giovane, dalla nascita al momento in cui è diventata simbolo della resistenza francese nella guerra dei cent’anni. Beatificata nel 1909 da Pio X e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV, Giovanna fu proclamata patrona di Francia. Si passa poi al mito dell’eroina, con bronzi, oggetti dipinti, romanzi e locandine di film.

lunedì 23 marzo 2015

"Donatello svelato", capolavori a confronto in mostra a Padova

Sarà difficile non emozionarsi di fronte ai tre Crocifissi di Donatello esposti nella mostra allestita al Museo Diocesano di Padova da venerdì 27 marzo a domenica 26 luglio 2015.
Il termine “svelato” utilizzato nel titolo non è affatto casuale. Al centro dell’esposizione sarà infatti un Donatello che va ad aggiungersi al catalogo delle opere certe del maestro fiorentino, il Crocifisso della chiesa di Santa Maria dei Servi, antica chiesa padovana. Svelato nell’attribuzione ma anche nella sostanza perché grazie al recente restauro il grande Crocifisso è emerso in tutta la straordinaria finezza dell’intaglio e nella originale cromia: Padova ritrova un capolavoro che va ad aggiungersi alle altre opere che Donatello ha lasciato durante la sua permanenza in città (1443-1453), la statua equestre del Gattamelata, l'altare e il Crocifisso bronzeo per la Basilica di Sant'Antonio.
La mostra, ospitata nella scenografica Sala dei Vescovi, offrirà la storica occasione di ammirare riuniti per la prima volta tre grandi Crocifissi che Donatello produsse nel corso della sua vita: quello realizzato per la chiesa di Santa Croce in Firenze (1406-08) – oggetto di una celebre gara con l'antagonista Filippo Brunelleschi raccontata da Giorgio Vasari nelle sue Vite –, quello dei Servi e quello bronzeo della Basilica di Sant'Antonio (1443-1449).
Un'opportunità assolutamente unica e inedita di osservare da vicino i tre capolavori, leggendo attraverso di essi il percorso compiuto dall'artista dagli anni giovanili alla piena maturità.
Orari
tutti i giorni (esclusi i lunedì non festivi)
dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Biglietti d’ingresso
€ 5,00 intero
€ 4,00 ridotto
Visite guidate per gruppi
(massimo 25 persone)
€ 7,00 a persona
Per informazioni e prenotazioni
tel. 049 8761924/ 049 652855
www.museodiocesanopadova.it
info@museodiocesanopadova.it
www.facebook.com/donatellosvelato

venerdì 20 marzo 2015

Il sogno e la gloria. L’armeria di Frederick Stibbert attraverso i suoi capolavori

IL SOGNO E LA GLORIA
L’armeria di Frederick Stibbert attraverso i suoi capolavori
27 marzo6 settembre 2015
Museo Stibbert
Via Federigo Stibbert 26 - Firenze

La Mostra è un omaggio a Frederick Stibbert (1838-1906) e alla sua opera: lo straordinario Museo che porta il suo nome e che racchiude una delle più vaste collezioni al mondo di armi e armature antiche.
IL SOGNO E LA GLORIA, mette in mostra alcuni dei capolavori raccolti da Stibbert in tutto il mondo, attraverso un allestimento che non solo ne evidenzia la bellezza e le particolarità, ma introduce il visitatore nell’atmosfera culturale ottocentesca in cui nacque la visione, anche didattica, di questo eclettico collezionista.
Quindi non solo spade, pistole e armature cesellate e sbalzate, vere opere d’arte di famosi armorari italiani e stranieri, ma fanno parte della mostra anche oggetti, dipinti, schizzi e fotografie che testimoniano il gusto dell’epoca per il revival romantico della vita medioevale e documentano il profondo interesse di Frederick Stibbert per la storia del costume civile e militare.
Nell’ambito della mostra è stato ricreato anche uno dei laboratori dei tanti artigiani: orafi, armaioli, cesellatori, fabbri, e ebanisti, incaricati dei restauri e delle ricomposizioni delle collezioni, spesso veri artisti che aiutarono Frederick Stibbert anche nella realizzazione del grandioso impianto scenografico del Museo nei magnifici ambienti della sua villa di Montughi, come il sorprendente Salone della Cavalcata. In questi ultimi anni restaurato secondo il progetto originale, il Museo, che era stato ideato da Frederick Stibbert come un viaggio nel tempo e in paesi lontani, in cui ogni sala era stata costruita nell’intento di rievocare periodi storici e ambiti culturali diversi, si presenta di nuovo com’era nel 1884 quando venne visitato dai Duchi di Tek e da molti ospiti illustri tra i quali nel 1890 la Regina Vittoria, e in seguito tra gli altri anche Oscar Wilde, e Gabriele D’Annunzio. Il Museo Stibbert conta circa cinquantamila oggetti, e si articola in varie sezioni allestite su una superficie di più di tremila metri quadrati.
Il Museo Stibbert, una delle più ricche e preziose case-museo dell’ottocento esistenti, è stato creato a Firenze negli anni dell’Unità d’Italia, da Frederick Stibbert (1838-1906) come racconta la mostra IL SOGNO E LA GLORIA,  Museo Stibbert  (27 marzo - 6 settembre), che riporta l’attenzione su questo brillante collezionista, espressione della cultura europea ottocentesca, appassionato alla storia del costume civile e militare.
Educato a Cambridge, in linea con la tradizione della famiglia originaria dell’Inghilterra, amante delle arti, con una spiccata dote nel disegno, Frederick Stibbert, dandy raffinato e milionario, nel 1859 a ventun’anni poteva contare su un patrimonio di oltre cinque milioni di lire toscane, che a Firenze, dove era nato da madre italiana, Giulia Cafaggi, lo inseriva nell’élite più in vista della città.
Nipote di Giles Stibbert, Comandante della Compagnia delle Indie nel Bengala, Frederick, socio del Circolo dell’Unione e della Società delle Corse dei Cavalli, aveva una delle più prestigiose scuderie di Firenze, e presenziava tutti gli eventi artistici e mondani. Nel 1866 si arruolò nelle Guide di Garibaldi nella campagna del Trentino ed ebbe una medaglia d’argento al valore, ma alla vita militare preferì i viaggi, che gli permettevano di dedicarsi alle proprie collezioni di oggetti d’arte. E, come le varie sezioni della mostra: IL SOGNO E LA GLORIA rivelano, oltre alle armi e alle armature, c’erano i costumi, gli arazzi, i quadri che, come vediamo dai suoi taccuini, erano frutto di un attento studio fatto di schizzi e di disegni delle opere viste nei musei che orientavano la sua ricerca degli oggetti in giro per il mondo. Viaggiò in Russia, in Turchia, in Egitto in occasione della apertura del Canale di Suez nel 1869; negli Stati Uniti per l’esposizione di Filadelfia nel 1876, per il Centenario della Dichiarazione d’Indipendenza; senza contare gl’innumerevoli viaggi in Germania e in Francia, o a Londra, anche in estate per la season.
Frederick Stibbert epigono del proprio tempo, di quella cultura ottocentesca dalla visione romantica del Medioevo, non si contentava di collezionare, ma amava mettere in scena i costumi, le armature, le decorazioni che sfoggiava volentieri organizzando feste, manifestazioni storiche, o scenografie fotografiche, di cui vediamo numerosi esemplari eseguiti dal suo fotografo di fiducia Olimpio Galli. Ma fu anche capace di trasformarsi in abile fotografo lui stesso, così come seppe prendere in mano la realizzazione del Museo, non solo come ideazione, ma anche come allestimenti delle due ville appositamente riunite in sale e saloni magnifici, ognuno dei quali, realizzato nello stile del periodo e del paese che si voleva evocare per l’esposizione di oggetti di particolare fattura.
Nella creazione del suo Museo, Frederick Stibbert spese una fortuna, ma era anche un oculato uomo di affari, che non smise mai d’investire in avvedute operazioni finanziarie sui mercati europei, del vicino Oriente, ma anche nel settore delle ferrovie e dei monopoli e di altre attività che ebbero grande impulso con l’Unità d’Italia, moltiplicando il proprio patrimonio. Alla sua morte il 10 aprile 1906 Frederick Stibbert, cittadino britannico dal cuore italiano, grande amico di Guy Francis Laking, curatore dell’armeria del Castello di Windsor, citava come primo legatario dell’eredità museale il Governo Britannico, con l’obbligo di mantenere la collezione a Firenze e di istituire il Museo a suo nome. In caso di rinuncia sarebbe subentrato il comune di Firenze, come effettivamente accadde nel 1908.           
Il Museo Stibbert attualmente si compone di varie sezioni: Armeria Europea, Ameria Islamica, Armeria Giapponese, Quadreria, Porcellane, Costumi.
Museo Stibbert
Via Federigo Stibbert, 26 – Firenze
27 marzo – 6 settembre 2015
Orario: lun, mar e mer ore 10-14 / ven, sab e dom ore 10-18 / giovedì chiuso.
Biglietto: intero 8,00 euro / ridotto 6,00 euro / scuole 2,00
Biglietteria: 055.475520; biglietteria@museostibbert.it.
Info: 055.486049; www.museostibbert.it.

giovedì 19 marzo 2015

“LUCERIA 1269 - in castris in obsidione Lucerie”, mostra a Lucera (FG)

L’Associazione Storico Culturale “Imperiales Friderici II” presenta, con il contributo della Regione Puglia – Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo, e col patrocinio dell’Amministrazione comunale di Lucera, l’evento dal titolo:
“LUCERIA 1269 - in castris in obsidione Lucerie”
Mostra con Rievocazione storica sull’assedio di Lucera dal 1268 al 1269 che si terrà da sabato 21 a sabato 28 marzo 2015 presso il palazzo Cavalli – de’ Nicastri, sede del Museo Civico di Lucera.
L’evento sarà caratterizzato da una ricostruzione storica su base storico-scientifica ed avrà come oggetto la capitolazione dei saraceni, ultimo baluardo svevo/regnicolo del XIII secolo, ad opera delle truppe angioine; si prevede l’allestimento di situazioni altamente funzionali allo scopo di proiettare il visitatore convenuto nel 1268-69, nonché attività di didattica e divulgazione delle tematiche del periodo tardo svevo / primo angioino.
La mostra con rievocazione storica vuole ricordare ai convenuti sia l’importanza storica dell’assedio che ha visto la città contrapposta per diversi mesi a Carlo I D’Angiò che la breve e intensa storia della comunità musulmana al tramonto della dinastia sveva.
Il sig. Walter Di Pierro, nota personalità dalla pregnante e ferrea conoscenza della storia lucerina, il Dott. Michele Giardino, archeologo e Presidente dell’Ass.ne “Imperiales Friderici II”, il Dott. Alessandro De Troia, cultore di storia locale e Vice-Presidente dell’Ass.ne “Imperiales Friderici II”, con la collaborazione di Alessandro Strinati, socio responsabile della ricostruzione degli usi e costumi dei saraceni dell’Ass.ne “Imperiales Friderici II”, introdurranno l’evento illustrando i caratteri salienti del percorso didattico-divulgativo allestito con pannelli esplicativi “roll-up” e manichini. Al termine della Mostra con rievocazione storica saranno date esaustive dimostrazioni di carattere ricostruttivo.
Palazzo Cavalli – de’ Nicastri, sede del Museo Civico di Lucera
Orari evento dal 21 al 28 marzo 2015
Mattina: dal martedì alla domenica dalle ore 09,00 alle 13,00
Pomeriggio: dal martedì al sabato dalle ore 15,30 alle 19,30
Lunedì 23 marzo chiuso
Sarà cura da parte di tutti i figuranti e i rievocatori coinvolti evidenziare al pubblico l’aspetto divulgativo e culturale delle attività rappresentate, cercando di coinvolgerlo attivamente.
Si ringraziano per la partecipazione la Ditta “Riccardo Armature Medievali”, le Associazioni “I Cavalieri del Tau” di Altopascio (LU) e “Compagnia del Lupo Errante” di Montesilvano (PE).
NOTA BENE PER I NON RESIDENTI A LUCERA: l'ingresso alla mostra preusuppone il pagamento indispensabile del biglietto del museo della quota di 3€. Tale importo non viene percepito dall'associazione inerentemente la sua iniziativa ma è la quota che va corrisposta normalmente per l'ingresso alla struttura comunale. Con il pagamento di detto ticket, quindi, si ha diritto a visionare l'intero percorso museale + gli spazi espositivi della mostra "Luceria 1269".

mercoledì 18 marzo 2015

Leonardo da Vinci 1452-1519 a Palazzo Reale Milano

Leonardo da Vinci 1452-1519
Palazzo Reale, Milano
da mercoledì 15 aprile a domenica 19 luglio 2015
 
Leonardo da Vinci, uomo poliedrico e d’ingegno, talento assoluto del Rinascimento italiano, incarnò in pieno lo spirito universalista della sua epoca. Pittore, scultore, ingegnere, anatomista, musicista e inventore, fu attivo nei più disparati campi dell'arte e della scienza, ed è oggi considerato il più noto tra i protagonisti della cultura, non solo del Rinascimento, ma di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
Da un lato l’estro, dall’altro una mente razionale, così Leonardo viene identificato con l’immagine del Genio, grazie alla sua abilità di saper spaziare in ogni campo del sapere umano del suo tempo: dagli studi di anatomia alla progettazione di macchine da guerra, dalla fisica alla filosofia, dalla botanica alle lettere, dalla pittura alla scultura.
Quale migliore occasione di Expo 2015, dunque, per dedicargli una monografica, la più importante mai organizzata in Italia. La mostra, promossa dal Comune di Milano e ideata e prodotta da Palazzo Reale e Skira Editore, in programma a partire da mercoledì 15 aprile 2015 (giorno che nel 1452 diede i natali all’artista) rappresenta un’occasione unica per ammirare e comprendere in una visione d’insieme la straordinaria complessità di questa figura come artista, pittore e disegnatore, e, in parte, la sua attività di scienziato e tecnologo, mai considerata nelle mostre sinora realizzate.
Dodici sezioni accompagneranno i visitatori a scoprire l’attività poliedrica del Genio, attraverso i suoi codici originali, oltre cento disegni autografi (di cui circa trenta dal celeberrimo “Codice Atlantico”) e un cospicuo numero di opere d’arte: disegni, manoscritti, sculture, incunaboli e cinquecentine provenienti dai più celebri Musei e Biblioteche del Mondo.
Significativo il numero di dipinti di Leonardo presenti in mostra: San Gerolamo della Pinacoteca Vaticana, Madonna Dreyfuss della National Gallery of Art di Washington, Scapiliata della Galleria Nazionale di Parma. Particolarmente importante, poi, il prestito di ben tre dipinti dal Museo del Louvre: Belle Ferronière, Annunciazione, San Giovanni Battista.
Un Genio universale, per un’esposizione universale, a celebrazione dell’indiscusso simbolo dell’arte e della creatività italiana, figura immediatamente riconoscibile dal pubblico internazionale, e simbolo anche di Milano e della sua attività eclettica nel campo delle arti, dell’industria e della tecnologia. 
ORARI
Lunedì: 14.30-19.30 
Martedì e mercoledì: 9.30-19.30 
Giovedì, Venerdì, Sabato e Domenica: 9.30-24.00
la biglietteria chiude un’ora e mezza prima

venerdì 13 marzo 2015

La mostra "Lo studiolo del Duca. Il ritorno degli uomini illustri alla Corte di Urbino"

Dopo quasi quattrocento anni viene ricomposto uno dei luoghi più emblematici del Rinascimento italiano: lo Studiolo di Federico di Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino.
Una mostra mai realizzata prima d’ora permette, da giovedì 12 marzo a sabato 4 luglio 2015, presso la Galleria Nazionale delle Marche, di restituire al pubblico lo Studiolo di Federico di Montefeltro nella sua veste originaria, precedente cioè allo smembramento seicentesco dei dipinti, che completavano la decorazione di questo microcosmo intellettuale tanto denso di significati e messaggi, con la raffigurazione dei cosiddetti Uomini illustri: filosofi, poeti, scienziati, uomini di ingegno, dottori della Chiesa del lontano passato o contemporanei, chiamati a raccolta dal Duca per ispirarlo e guidarlo.
Una storia affascinante e complessa, che rivela un tratto della storia di Urbino e un capitolo fondamentale del Rinascimento italiano.
Ambiente privatissimo voluto da Federico di Montefeltro come una sorta di autobiografia ideale, esempio capitale di una tipologia che conta pochi esemplari superstiti, lo studiolo di Urbino risponde all’antica idea di ricreare un ambiente adeguato a favorire studio e riflessione e di radunare in questo luogo immagini di sapienti, con i quali instaurare un dialogo virtuale, e oggetti rari con cui nutrire lo spirito.
Lo Studiolo del Duca era infatti composto da tarsie lignee policrome di bottega fiorentina dove si ritrovano raffigurati libri, strumenti musicali e scientifici, armi e clessidre e personificazioni allegoriche che compaiono su ripiani della finta panca e fanno capolino dalle finte ante socchiuse, in un trionfo illusionistico coronato, tra rivestimento ligneo e soffitto, dai ritratti di 28 Uomini Illustri: Platone (dal registro superiore della parete nord), Aristotele, San Gregorio, San Girolamo, Tolomeo, Boezio, Sant’Ambrogio, Agostino, Cicerone, Seneca, Mosé, Salomone, Omero, Virgilio, San Tommaso d’Aquino, Duns Scoto, Euclide, Vittorino da Feltre, Pio II, Bessarione, Solone, Bartolo, Alberto, Sisto IV, Ippocrate, Pietro d’Abano, Dante, Petrarca.
Oggi solo la metà dei ritratti è ancora conservata nel Palazzo divenuto sede della Galleria Nazionale delle Marche, mentre le restanti 14 tavole, acquistate da Napoleone III, sono conservate nelle collezioni del Museo del Louvre.
E proprio grazie all’eccezionale collaborazione con il Museo francese è stato possibile riposizionare in occasione della mostra “Lo Studiolo di Federico di Montefeltro. Il ritorno degli uomini illustri alla Corte di Urbino”, promossa dalla Regione Marche con la Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche e la collaborazione del Comune di Urbino.
Tale eccezionale ricomposizione, accompagnata da un innovativo apparato multimediale, non solo consentirà di studiare uno degli esempi più importanti dell’arte rinascimentale italiana, ma saprà anche rievocare il clima culturale della corte urbinate nell’ultimo decennio di vita del Duca di Montefeltro.
Il progetto espositivo, la cui curatela scientifica è stata affidata al prof. Carlo Bertelli, alla dott.ssa Maria Rosaria Valazzi, alla dott.ssa Emanuela Daffra e al dott. Alessandro Marchi, prevede inoltre l’esposizione di un selezionatissimo nucleo di opere che, oltre a raccontare la figura del Duca Federico, mirano a ricostruire alcune prove ritrattistiche dei due pittori – Giusto di Gand e Pedro “Spagnolo” – riconosciuti entrambi artefici dei famosissimi Uomini Illustri e la cui presenza consentirà di ragionare e approfondire la riflessione scientifica sulla genesi dei medesimi e sulla divisione delle mani nei ritratti stessi.
La mostra è stata inserita nel programma EXPO 2015 ed è uno degli appuntamenti espositivi di rilievo nella programmazione Distretto Culturale Evoluto della Regione Marche.
Informazioni
Orari di apertura al pubblico: martedì-domenica dalle ore 8.30 alle ore 19.15 (la biglietteria chiude alle ore 18.15),
lunedì dalle ore 8.30 alle ore 14.00 (la biglietteria chiude alle ore 13)
Biglietto di ingresso: Intero € 12,00 – Ridotto € 9,50
Nel biglietto della mostra è compresa la visita alla Galleria Nazionale delle Marche
Per informazioni:
Call center: +39 06 32810

domenica 8 marzo 2015

"De humani corporis fabrica", mostra a Napoli

Un'evoluzione lunga dieci secoli. Tra miniature e manoscritti, è di scena la storia della medicina nella Sala esposizioni della Biblioteca nazionale di Napoli, da guardare attraverso le eccezionali testimonianze lì custodite, di rari codici e antiche edizioni a stampa. Dal sesto al diciottesimo secolo, questo il lunghissimo arco cronologico della mostra "De humani corporis fabrica", organizzata dal ministero dei Beni culturali, dalla Fondazione Premio Napoli e dall'Istituto di ricerca e diagnostica.
Un percorso nei progressi che, nel tempo, registrò la scienza medica: dalle origini, quando ancora la figura del medico si associava a quella dello stregone, alla definizione sempre più chiara di intenti e tecniche. Figura chiave nel cammino, fu il greco Ippocrate di Kos, vissuto tra il quinto e quarto secolo avanti Cristo e considerato il padre della scienza medica. L'esposizione, non a caso, è aperta proprio dall'edizione stampata a Venezia nel 1526 del "Corpus Hippocraticum", la sua intera opera, costituita da circa settanta trattati di tema diverso, in cui è contenuto anche il famoso giuramento, a cui ancora oggi i medici si votano. Fondamentale, nella professione del medico, la conoscenza delle piante officinali che venivano rappresentate, descritte e studiate su trattati arricchiti da rappresentazioni botaniche molto realistiche e dettagliate.
Da vedere anche il celebre "Dioscoride napoletano", una ristampa di settimo secolo del trattato "Perì ules iatrichés", manuale di medicina redatto nel primo secolo da Pedanio Dioscoride e rimasto fondamentale fino al Medioevo. Il volume, ricopiato in greco bizantino, è un "erbario figurato", che descrive proprietà e impieghi terapeutici di 409 specie vegetali in 172 carte, riccamente illustrate da disegni miniaturizzati. Ancora, in bacheca gli "erbari maguntini" del 1484 e del 1485 e il raro esemplare di "Hortus sanitatis" del 1491. Grande spazio è dedicato alle testimonianze della Scuola medica salernitana, risalente all'undicesimo secolo e, secondo la tradizione, fondata da quattro medici, un greco, un latino, un ebreo e un arabo, incontratisi per caso a Salerno. A testimoniare i progressi nello studio e nella rappresentazione del corpo umano èpossibile ammirare il "Fasciculo sanitatis" del tedesco Johannes de Ketham, pubblicato a Venezia nel 1491 e considerato il più importante prontuario medico del quindicesimo secolo. Sempre provenienti dalle collezioni della Biblioteca, le opere dei membri dell'Accademia degli investiganti, fondata a Napoli nel 1649 da Tommaso Cornelio e attiva per tutto il Settecento, della quale faceva parte Domenico Cirillo (di cui sono esposti i taccuini), martire della Rivoluzione partenopea del 1799.
La mostra rientra nella rassegna "Segni: arte, cura e pensiero" e sarà visitabile fino a venerdì 10 aprile 2015 (ingresso libero, tutti i giorni feriali dalle 9 alle 17.30, il sabato fino alle 13). 
Per informazioni: URP, 0817819231 - bn-na.urp@beniculturali.it.

sabato 7 marzo 2015

PIERO DELLA FRANCESCA. Il disegno tra arte e scienza

Vi sono personaggi, nella storia dell’arte, che sono portatori di novità tali da innescare una vera e propria rivoluzione. Uno di questi è sicuramente Piero della Francesca che sarà protagonista della mostra “PIERO DELLA FRANCESCA. Il disegno tra arte e scienza”, curata da Filippo Camerota, Francesco Paolo Di Teodoro e Luigi Grasselli, in programma a Palazzo Magnani di Reggio Emilia dal 14 marzo al 14 giugno 2015.
Attorno al Maestro di Sansepolcro aleggia da sempre un velo di mistero e di enigmaticità dovuto sia ai pochi documenti che lo riguardano, sia alla singolarità del suo linguaggio espressivo che coniuga, magicamente in equilibrio perfetto, la plasticità e la monumentalità di Giotto e Masaccio con una straordinaria capacità di astrazione e sospensione. Un’essenzialità e purezza di forme che trovano fondamento nei suoi interessi matematici e geometrici mirabilmente espressi nei trattati che ci ha lasciato: l’Abaco, il Libellus de quinque corporibus regularibus, il De Prospecitva pingendi e il da poco scoperto Archimede. Ed è proprio su questi preziosi testimoni dell’opera scritto-grafica di Piero, in specie sul De prospectiva pingendi, che la mostra di Palazzo Magnani prende corpo.
“PIERO DELLA FRANCESCA. Il disegno tra arte e scienza”, presenta la figura del grande Maestro di Sansepolcro nella sua doppia veste di disegnatore e grande matematico. Per l’occasione sarà riunito a Palazzo Magnani – fatto straordinario, per la prima volta da mezzo millennio – l’intero corpus grafico e teorico di Piero della Francesca: i sette esemplari, tra latini e volgari, del De Prospectiva Pingendi (conservati a Bordeaux, Londra, Milano, Parigi, Parma, Reggio Emilia) i due codici dell’Abaco (Firenze), il Libellus de quinque corporibus regularibus (Città del Vaticano) e Archimede (Firenze).
Ma la mostra non è ‘solo’ l’occasione, prima e unica, per ammirare tutte insieme le opere grafiche del Maestro di Sansepolcro (evento, di per sé, straordinariamente importante per gli studiosi d’ogni Paese); essa è anche un viaggio straordinario nel Rinascimento, unicità italiana che ha influenzato per secoli l’arte e il sapere dell’Occidente (e non solo) producendo i più grandi capolavori, oggi icone insuperate, della cultura figurativa mondiale e dell’immaginario collettivo.
Un viaggio, commentato nell’audioguida da Piergiorgio Odifreddi, condurrà il visitatore tra le opere grafiche e pittoriche di Piero (sarà esposto il suo magnifico affresco staccato del “San Ludovico da Tolosa” del Museo di Sansepolcro) e tra i capolavori pittorici e grafici di altri grandi maestri del XV e XVI secolo quali Lorenzo Ghiberti, Ercole de’ Roberti, Domenico Ghirlandaio, Giovanni Bellini, Francesco di Giorgio, Albrecht Dürer, Bernardo Zenale, Antonio da Sangallo il Giovane, Baldassarre Peruzzi, Amico Aspertini, Michelangelo, e molti altri; opere concesse in prestito da prestigiose istituzioni italiane e straniere (Sbb-Pk Staatsbibliothek di Berlino, Bibliothèque Municipale di Bordeaux, Bibliothèque Nationale de France, British Museum, British Library, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Galleria Nazionale dell'Umbria, Musei Vaticani, Biblioteca Medicea-Laurenziana, Biblioteca Nazionale di Firenze, Biblioteca Ambrosiana, Biblioteca Palatina di Parma, Galleria Estense di Modena, Museo Comunale di Sansepolcro ... solo per citarne alcune).
Fulcro dell’esposizione è l’esemplare del De Prospectiva Pingendi della Biblioteca “Panizzi” di Reggio Emilia, uno dei più importanti testimoni della fondamentale opera prospettica di Piero della Francesca. Il manoscritto, opera di un copista, reca numerose correzioni, note marginali ed estese aggiunte di mano di Piero. Esso fa fede del lavoro di continua revisione del testo e ospita nei suoi 110 fogli numerosi disegni di mano dell’artista: linee sottilissime che solcano le pagine del codice a illustrazione del testo, manifestando la straordinaria perizia grafica dell’autore.
I cosiddetti “maestri della prospettiva”, ossia gli intarsiatori, fondarono la propria arte sul repertorio di temi e di immagini contenuto nel trattato e l’amicizia fraterna che legava Piero ai fratelli Lorenzo e Cristoforo Canozi da Lendinara, intarsiatori per eccellenza, fu degna della menzione di Luca Pacioli. Albrect Dürer dimostra in più luoghi dei suoi scritti la conoscenza del trattato di Piero, mentre Daniele Barbaro compilò addirittura gran parte del suo celebre trattato prospettico (1569) seguendo il De Prospectiva Pingendi.
Se risale solo a Constantin Winterberg (1899) la notizia – mai dimostrata né rintracciata – che Leonardo, dopo aver saputo da Pacioli che Piero aveva compilato un trattato di prospettiva, rinunciò a redigerne uno suo, è però un fatto non trascurabile per la fortuna dell’opera maggiore pierfrancescana che si sia voluto sottolinearne l’eccezionalità e la novità con un paragone eccellente, che pone Piero teorico al di sopra di tutti i pittori prospettici della sua epoca.
Le opere presenti in mostra – un centinaio tra dipinti, disegni, manoscritti, opere a stampa, incisioni, sculture, tarsie, maioliche e medaglie – accompagnano il visitatore in un percorso che segue a grandi linee le tematiche affrontate nei capitoli del De Prospectiva Pingendi e attraversare le sale sarà un po’ come sfogliarne le pagine. Si inizia dai principi geometrici e si prosegue con le figure piane, i corpi geometrici, l’architettura, la figura umana, la proiezione delle ombre e l’anamorfosi.
La mostra è inoltre concepita come uno strumento e una “macchina didattica” che consente di entrare nell’arte e nella creatività di questo singolarissimo artista. I disegni del trattato sono trasformati in modelli tridimensionali per illustrare al meglio la logica delle loro costruzioni geometriche, mentre una serie di macchine matematiche dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia riproducono scientificamente gli strumenti della bottega dell’artista rinascimentale, permettendo al visitatore di toccare con mano e comprendere gli accorgimenti tecnici adottati dai pittori per sfruttare creativamente gli inganni della visione.
Suggestive installazioni multimediali saranno parte integrante del percorso di mostra. Alcuni apparati multimediali e app di navigazione in realtà aumentata permetteranno di comprendere meglio la celebre “Città ideale” di Urbino, uno dei capolavori della prospettiva rinascimentale, necessario complemento della trattatistica prospettica.
Per la realizzazione di questi supporti la Fondazione Palazzo Magnani si è avvalsa della preziosa collaborazione scientifica di Imago rerum team/Università Iuav di Venezia/dCP Dip. Culture del Progetto, del DICEA (Dip. Ingegneria Civile Edile e Architettura) e del DII (Dip. Ingegneria del'Informazione) dell'Università Politecnica delle Marche – con la partecipazione della Soprintendenza SBAE Marche – e di Cr-Forma di Cremona che ha condotto le analisi scientifiche sul codice reggiano del De prospectiva pingendi.
Sarà inoltre consultabile in mostra la Biblioteca digitale tematica sui Codici del De prospectiva pingendi a cura del Museo Galileo di Firenze.
La mostra si svolgerà in Palazzo Magnani che tuttavia sarà al centro di una rete di luoghi e segni che coinvolgeranno l’intera città. Infatti, parte integrante del percorso di mostra sarà la Basilica di San Prospero dove gli stalli del coro cinquecentesco focalizzeranno l’attenzione sulla produzione emiliana di tarsie lignee. Atra tappa, rivolta principalmente alle scuole, è l’allestimento presso la sede modenese dell’Università di Modena e Reggio Emilia, di una nutrita sezione dedicata alle macchine matematiche che sarà interessata da laboratori didattici per bambini, adolescenti e adulti.
PIERO DELLA FRANCESCA. Il disegno tra arte e scienza” è dunque un appuntamento imperdibile, di rilevanza internazionale, che consentirà di comprendere il linguaggio espressivo di Piero della Francesca – “Monarca a li dì nostri della pictura e architectura” come lo definì Luca Pacioli nella Divina proportione (1509) –, e di decifrare i codici di lettura della sua opera, gettando nuova luce su un artista che ha tramutato la scienza in arte e che ha saputo influenzare, a distanza di tempo, le Avanguardie del primo Novecento e la pittura Metafisica.

mercoledì 4 marzo 2015

Arte lombarda dai Visconti agli Sforza

Arte lombarda dai Visconti agli Sforza
Palazzo Reale, Milano
da giovedì 12 marzo a domenica 28 giugno 2015
Per maggiori informazioni visita il sito della mostra.
La mostra che apre il 12 marzo a Palazzo Reale si ispira in modo programmatico, ma criticamente rivisto alla straordinaria esposizione Arte lombarda dai Visconti agli Sforza - allestita nel 1958 nella medesima sede espositiva risanata dopo i bombardamenti del 1943 – che aveva allora riunito oltre cinquecento opere e costituito il punto d’arrivo di una lunga stagione di riscoperte e di studi specialistici.
Stagione iniziata nel 1912 con il monumentale volume La pittura e la miniatura nella Lombardia dai più antichi monumenti alla metà del Quattrocento di Pietro Toesca e proseguita per circa mezzo secolo grazie ai contributi di studiosi italiani e stranieri come Wilhelm Suida, Bernard Berenson, Roberto Longhi. Quella mostra di importanza capitale era, soprattutto, l’affermazione di una identità, la dimostrazione della grandezza di una tradizione culturale e artistica, finalmente liberata – come scriveva Roberto Longhi nell’introduzione al catalogo - “dagli ultimi residui del lungo complesso d’inferiorità che l’ha ostinatamente tenuta in soggezione al confronto d’altre regioni d’Italia”. Era anche il frutto del lungo lavoro di ricerca, di valorizzazione e di restauro del patrimonio artistico ad opera di alcune personalità di alto livello morale e intellettuale, attive negli istituti di tutela cittadini come Fernanda Wittgens, Franco Russoli, Gian Alberto Dell’Acqua, protagoniste, durante la guerra, della difesa del patrimonio milanese e lombardo.
Fortemente promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, coprodotta da Palazzo Reale e Skira Editore, la mostra di oggi ripensa quel progetto nella chiave più pertinente e attuale: quella della centralità di Milano e della Lombardia, alle radici della cultura dell’Europa moderna. Prende in esame lo stesso periodo storico considerato dalla mostra del ’58, dunque i secoli dal primo Trecento al primo Cinquecento: tutta la signoria dei Visconti, poi degli Sforza, fino alla frattura costituita dall’arrivo dei Francesi. Raccoglie i frutti di più di cinquant’anni di studi, che hanno toccato i più diversi settori storici e tecnici, e fatto registrare passi avanti molto significativi nelle conoscenze e anche nella conservazione, nel restauro e nella valorizzazione del patrimonio milanese e lombardo. “Oggi l’arte lombarda della fine del Medioevo e del Rinascimento – affermano i due curatori Mauro Natale e Serena Romano - appare come una realtà storica di grande rilievo internazionale, che estende le proprie diramazioni ai maggiori paesi europei”.

A più di cinquant’anni dall’esposizione di Palazzo Reale, questa nuova splendida mostra propone una rilettura della storia artistica lombarda, riconoscendo nelle aperture e nelle relazioni con gli altri territori una parte sostanziale della sua identità.

I due secoli circa di cui la mostra si occupa sono tra i più straordinari della storia milanese e lombarda, celebrati dalla storiografia e fissati nella memoria comune come una sorta di età dell’oro, il primo momento di compiuta realizzazione di una civiltà di corte dal respiro europeo.

Il percorso della mostra si svolge attraverso una serie di tappe, che costituiscono altrettante sezioni e sottosezioni; l’ordine cronologico illustra la progressione degli eventi e la densità della produzione artistica: pittura, scultura, oreficeria, miniatura, vetrate, con una vitalità figurativa che soddisfa le esigenze della civiltà cortese e conquista rinomanza internazionale al punto da divenire sigla d’eccellenza riconosciuta: l’“ouvraige de Lombardie”.

Dopo una breve sezione introduttiva che include una galleria di ritratti delle due dinastie di grandi committenti, i decenni centrali del Trecento costituiscono la prima sezione espositiva, dedicata a illustrare come i Visconti abbiano impresso una svolta fondamentale alla cultura lombarda, dapprima importando a Milano e in Lombardia artisti “stranieri” - i toscani Giotto e Giovanni di Balduccio - poi aprendo cantieri nelle capitali del ducato, nelle città satelliti, nelle campagne, occupando gli spazi urbani e rinnovando quelli ecclesiastici; fondando biblioteche, come quella di Pavia, che fu una delle più importanti del mondo occidentale e fu poi in gran parte spostata in Francia dopo la conquista del ducato.

Sono qui esposte opere di grandissimo pregio e di svariate ed eccelse tecniche: dipinti su tavola, affreschi, vetrate, sculture in marmo, legno, pietra, oreficeria, miniatura, bronzi, ricami, arazzi come, tra gli altri, i manoscritti Liber Pantheon del 1331 e il Messale – Libro d’ore (1385-1390) appartenuto a Bianca di Savoia, dalla Biblioteca nazionale di Francia; splendide vetrate dalla Chiesa di Santa Maria Matris Domini di Bergamo, uniche del Trecento esistenti in Lombardia; alcune mirabili opere in marmo di Giovanni di Balduccio, del Maestro di Viboldone e di Bonino da Campione provenienti, oltre che dalla Lombardia, da importanti musei europei e americani; disegni, tavole e affreschi di Giovanni da Milano, di Giusto de’Menabuoi, del Maestro di San Nicolò dei Celestini.

Si assiste qui alla trasformazione del linguaggio figurativo lombardo, dapprima ancora legato alla tradizione autoctona, come nella austera ed arcaica Madonna col Bambino del Maestro degli Osii (1330 circa), poi innovato dagli artisti toscani, intrisi di cultura francese.

Una seconda e straordinaria tappa sarà quella degli anni attorno al 1400, dove domina Gian Galeazzo Visconti, personaggio chiave del tardo gotico lombardo: sono gli anni del grande cantiere del Duomo di Milano. La mostra ha voluto rispettare l’integrità delle collezioni del Museo del Duomo, mediante la soluzione di includerne la sezione tardo gotica nel percorso della mostra stessa: un atto di responsabilità solidale, nel momento in cui EXPO 2015 attirerà visitatori nelle mostre e nei musei della città. La Fabbrica del Duomo ha però generosamente accettato di smontare ed esporre alcune statue dei pilastri del Duomo e alcune vetrate, altrimenti difficilmente visibili.

Al volgere del 1400, grazie alla personalità magnetica e intraprendente di Gian Galeazzo, i rapporti della corte milanese con le altre corti e gli altri grandi cantieri europei – specialmente Parigi; ma anche Praga, Vienna, Budapest, le Fiandre – sono strettissimi e contribuiscono alla fioritura di una cultura gotica che rappresenta uno dei punti culminanti dell’esposizione.

I protagonisti di questa stagione sono: Giovannino de’ Grassi e in seguito Michelino da Besozzo: entrambi lavorano al cantiere del Duomo, di entrambi sono esposte opere notevolissime come alcuni preziosi manoscritti – il Taccuino di disegni, l’Offiziolo Visconti e il Landau Finaly 22 di de’ Grassi e il Libro d’Ore di Michelino da Avignone e dalla Morgan Library di New York, prestito eccezionale che non fu concesso nel 1958. Questo straordinario momento creativo corrisponde all’apice del fasto della corte pavese verso la quale convergono artisti di primissimo piano, italiani e stranieri come Jean d’Arbois, Gentile da Fabriano, di cui è in mostra una splendida tavola da Pavia e Pisanello.

Nella terza sezione si passa al lungo regno di Filippo Maria Visconti, molto diverso da Gian Galeazzo, con una personalità nevrotica, non adatta a riunire una vita di corte di qualità. Comincia la crisi del ducato e molti artisti lasciano la Lombardia, disperdendosi. Michelino da Besozzo va infatti a Venezia, Verona e Vicenza, poi rientra a Milano, ma non lavora più per la committenza ducale. In questa sezione domina comunque il linguaggio tardo-gotico con largo uso di materiali preziosi, ori, vestiti sfarzosi, con opere straordinarie: le tavole di Michelino di Verona (Museo di Castelvecchio), di Siena (Pinacoteca Nazionale) e di New York (Metropolitan Museum); magnifici manoscritti di seguaci di Michelino, il bellissimo polittico con Madonna col Bambino, Santo e donatore (1447) di Maestro Paroto, la pregevole scultura in legno Madonna col Bambino (1450 circa) di un anonimo maestro lombardo dalla chiesa milanese di San Tomaso; e ancora pale d’altare, messali, miniature, un prezioso dittico di Francesco Zavattari, ricomposto per la prima volta riunendo le due tavole conservate a Praga e in una collezione privata in Cile; i celebri Tarocchi di Bonifacio Bembo, di cui sarà eccezionalmente ricomposto in mostra il capolavoro costituito dall’Incoronazione del Museo di Cremona e dalle due tavole che l’affiancavano, ora al Museo di Denver; inoltre una serie di opere di alta oreficeria di straordinaria maestria.

Il capitolo successivo, la quarta sezione, mette a fuoco l’importanza capitale dello snodo figurativo che corrisponde alla fine dinastica dei Visconti e alla presa di potere di Francesco Sforza (gli anni intorno al 1450) fino a tutto il periodo di governo di Galeazzo Maria Sforza. Le iniziative di Francesco Sforza si collocano all’insegna della continuità con il passato, ma integrano anche nuove esperienze favorite dalla politica di alleanze sulle quali il duca poggia il proprio potere. Anche il progressivo spostamento della sede della corte da Pavia a Milano, destinata a diventare a breve l’unica capitale stabile del ducato, facilita l’avvento di nuove maestranze e nuove tendenze: il razionalismo figurativo di Vincenzo Foppa che si apre al linguaggio padovano si confronta con il naturalismo di origine fiamminga che filtra da Genova e seduce i signori italiani. E’ il periodo delle grandi botteghe che si spartiscono il lavoro delle grandi imprese decorative al Castello Sforzesco a Milano e a Pavia: Foppa, Bembo, Zanetto Bugatto, Bergognone. Sfilano opere straordinarie come i Santi Stefano e Ambrogio di Donato de Bardi (collezione privata); le splendide tavole di Vincenzo Foppa da Pisa e dalla Pinacoteca di Brera; un magnifico e rarissimo Cristo in pietà tra i santi Ambrogio e Agostino, del Maestro di Chiaravalle; la splendida tavola Madonna con bambino e angeli (1460-70) di Zanetto Bugatto da Villa Cagnola a Gazzada (Varese), finalmente riavvicinata  agli altri elementi che l’affiancavano (Santi ora in collezione privata a New York): il prezioso trittico di Gottardo Scotti (Museo Poldi Pezzoli); una serie di sculture in legno intagliato e dipinto e in terracotta, di un gusto già rinascimentale, anche se fortemente lombardo.

Una quinta e ultima tappa sarà infine dedicata agli anni di Ludovico il Moro e alla spaccatura provocata dalla sua caduta e dall’arrivo dei Francesi: sono anni di cambiamenti radicali nell’urbanistica, nell’architettura e in generale nella produzione artistica grazie alla presenza a Milano di personalità eccezionali come Bramante, Leonardo, Bramantino. In questi anni, malgrado la crisi del sistema politico e la fragilità delle finanze dello stato, le botteghe lavorano a pieno regime: Milano produce ed esporta meravigliosi prodotti di lusso come smalti, oreficerie, ricami eseguiti in gran parte sulla base di progetti elaborati da artisti di primo piano, secondo un procedimento che anticipa quello del moderno “design”. Stimolata dall’ambizione sfrenata del duca, la produzione artistica è sottesa da uno spirito di emulazione/concorrenza nei confronti delle altre corti padane, legate a quella sforzesca da stretti rapporti famigliari oltre che da interessi economici e politici comuni: la sezione prende in esame in modo particolare le relazioni con Ferrara, Bologna, e con Mantova. Vi sono esposte sculture in marmo di Giovanni Antonio Amadeo, importanti tavole di Bernardino Butinone (abitualmente inaccessibili perché di antiche collezioni private), la bella tavola Madonna con il Bambino, santa Dorotea e Caterina, angeli dal Petit Palais di Parigi; vetrate dal Duomo di Milano e alcune tavole di Foppa, tra cui la mirabile Annunciazione (1500 circa) dal Palazzo Borromeo all’Isola Bella (Stresa) e la Madonna in trono con il Bambino e angeli dal Musée des Beaux-Arts di Digione; le due tavole di Bernando Zenale dagli Uffizi; la splendida Madonna e il Salvator Mundi della collezione Borromeo di Bergognone; il celebre manoscritto Ore all’uso degli Umiliati con iconografia da Bergognone, dalla British Library di Londra, mai esposto; e anche qui una serie strepitosa di opere di oreficeria, reliquiari, medaglioni, messali, manoscritti, bronzi, dove emerge con tutta la sua forza la cosidetta arte lombarda. La mostra si chiude con opere che attestano l’impatto avuto in Lombardia da Leonardo e Bramante, con dipinti di Giovanni Antonio Boltraffio, Ambrogio de Predis, Bernardo Zenale.

Le circa duecentocinquanta opere in mostra sono state selezionate in modo da consentire allo spettatore non solo di apprezzare la preziosità dei materiali e delle forme dei singoli oggetti, ma anche di riconoscerne i legami formali, il linguaggio comune cui fanno riferimento produzioni realizzate con materiali e con procedimenti tecnici distinti.

Una mostra importante e affascinante a un tempo che racconta il ruolo fondamentale che la cultura artistica lombarda ebbe tra il Trecento e il Cinquecento, quando in tutta Europa fu sinonimo di qualità eccelsa e di straordinari talenti.